lunedì 10 dicembre 2012

Il tocco

Era lì. Il mio cellulare, o, meglio, i suoi pezzi: disposti ordinatamente, in fila, dal più piccolo al più grande, come una sorta di quadro astratto.

Continuavo a fissarli, cercando di capire come potesse essere accaduto, quando in realtà lo sapevo bene. E' che la mente rifiutava ancora ciò che era successo, pur dopo aver visto e rivisto mentalmente la sequenza: il cellulare suona. Sfioro il cellulare. Questo si smonta istantaneamente, scomparendo in un battito di ciglia, e al suo posto sul tavolo lì vicino appaiono i suoi pezzi. Tutti. Ordinati.

"Non è possibile - mi dico - avrò preso un abbaglio". Così, per dar seguito a quella versione che mi convincevo a scegliere, decido di riprovare. Afferro la penna che fa capolino dalla tazza vicino l'angolo. E, con meno stupore della volta precedente, appena le mie dita la sfiorano, questa svanisce e, istantaneamente, sul tavolo compaiono i pezzi che la compongono, ordinati in modo fin troppo preciso.

Rido, tra il nervosismo e l'assurdità della cosa, mentre vedo i due puzzle improvvisati sul tavolo. Mi ritrovo a pensare cos'altro potrei "smontare": l'orologio appeso al muro, quel vecchio stereo, il mio letto. Quando di colpo mi sovviene un pensiero agghiacciante:

"Cosa succederebbe se toccassi ... una persona?"

Qualcuno, evidentemente, decide di rispondermi. Una voce di donna, con tono gentile ma deciso.

"Ogni oggetto, inanimato o meno, è composto da più parti: il loro collaborare insieme, in armonia, è un atto d'amore. Tu facendo così, con il tuo gesto, anche se involontario, scegli di rinunciare a quell'amore, perché vuoi cercare di comprenderlo, analizzandolo fin nelle sue parti più piccole."

domenica 4 novembre 2012

Librerie, sogni e affini

Avete presente una di quelle giornate dove ogni sinapsi del proprio sistema nervoso sembra orientata solo a passare in rassegna, catalogare e dissezionare ogni cosa sbagliata accaduta nella propria vita? Una di quelle giornate dove ogni stimolo viene interpretato dalla propria testa e dal proprio subconscio come utile solo a ricordare tutto ciò di sbagliato che ha contribuito a portarti fino a quel momento: una frase di troppo, un gesto sgarbato, una cosa non fatta. Non sto parlando della trappola fine a sé stessa dei "forse", dei "se", e di tutte quelle condizioni ipotetiche che sono spesso solo un fardello tanto pesante quanto internamente vuoto: parlo di pura e semplice analisi meticolosa e dettagliata (perché la memoria sa quando lasciarti appeso e quando invece si ricorda anche i dettagli più minuziosi) di tutte le situazioni passate dove, nonostante la buona fede, la sincerità d'animo e altri sentimenti positivi, l'esito non è stato quello voluto, o quantomeno sperato.

Comunque, in una giornata del genere mi trovai davanti ad una libreria. Era un megastore, di quelli come se ne vedono in giro, che sembrano tutto fuorché una libreria tradizionale: colori patinati, musica di sottofondo, espositori pieni di libri. Non ce l'ho con i posti così, anzi, ma mi danno sempre un retrogusto di "conoscenza offerta un tanto al chilo". Non so perché.
Decisi che, in fondo, vista la situazione, l'amarezza recondita era una tassa accettabile da pagare, così entrai per fare un giro. La speranza non poi così nascosta era che le copertine variopinte di libri, gli autori più noti suddivisi per genere, e i classici in ordine alfabetico per autore avrebbero dato tregua al flusso nefasto che continuava la sua opera nella mia mente.

Una volta entrato camminai senza direzione, lentamente, affidandomi all'istinto. Quando arrivai a destinazione, o almeno a quella che sentivo come tale, mi colpirono due cose: la prima era un ragazzo, dall'aria tesa, con l'orecchio incollato ad un telefonino. Andava avanti e indietro, ogni tanto cercava di parlare, ma l'interlocutore doveva avere molte più cose da dirgli, in quanto lo interrompeva di continuo, e tutto quello che ne usciva erano solo monosillabi di un discorso: "Eh, ma...", "No, non...", "Quando...", "Invece...". La sua voce non aveva un volume troppo elevato, o almeno non ancora, e il monologo non offriva spunti d'interesse, così potei venir interamente colpito - metaforicamente - dall'altra cosa.

I libri. Non credo che possa capitare, almeno non conosco nessuno cui sia capitato. Tutti i libri esposti in quella zona li avevo letti, nel giro delle ultime settimane: quelli letti d'un fiato, quelli lasciati e poi ripresi, altri lasciati del tutto ma con la consapevolezza (fasulla?) che ci saremmo reincontrati prima o poi, ché lasciare un libro incompleto è un delitto. "Come tutto il resto", si fece risentire per un attimo il flusso nefasto di pensieri che si era appena intrufolato nel mio stupore.

Incuriosito da questa cosa, e per far tacere nuovamente la vocina nella mia testa, i miei passi ripresero lentamente, guardando gli scaffali con nuova attenzione. Il ragazzo, ora più lontano, era sempre a telefono, sempre alle prese con il suo tentativo di esprimersi in qualcosa di diverso da monosillabi o preposizioni.

Intanto, ad ogni passo la situazione dei libri non cambiava: romanzi, saggi, piccoli, gialli, leggeri, seri, comici, rilegati, fantascientifici, economici, grandi. Erano tutti lì. Era come se qualcuno avesse annotato le mie letture nel corso degli ultimi mesi e l'avesse ritenuto tanto valido, o tanto curioso, da decidere di esporlo per vedere a chi altro potesse interessare. Dato che gli astanti al momento erano in due, io e il monologhista incompleto, non credo che l'idea abbia avuto molto successo. "In fondo, è un pò consolante" - pensai - senza sapere bene da dove venisse la consolazione della cosa.

Avanzai con ancora più curiosità, per vedere l'elenco dei libri fin dove arrivasse e, con mio stupore, copriva una distanza temporale maggiore di quanto la mia memoria ricordasse. Convinto che gli scaffali avessero una memoria migliore della mia, esitando per qualche istante, presi un libro tra quelli del genere "libri che secondo gli scaffali dovrei aver letto ma che non ricordo". Sfogliandolo, ammetto che non trovai quello che mi aspettavo.

Non so se fui più stupito del trovarlo interamente bianco, o del fatto che non era l'unico esemplare con questa caratteristica di quel "genere" da me brevettato poco prima. Feci il percorso a ritroso, pensando in fondo fosse normale il loro anonimato testuale, visto che non ricordavo di averli letti. Arrivai davanti ai libri più "recenti", credo di qualche mese fa. "Questi me li ricordo", pensai convintamente, "devono essere scritti". Invece no. Erano tutti completamente bianchi. Come se lo stesso addetto, magari dopo aver provato a leggere la stessa sequenza di libri, avesse deciso che potevano essere (ri-)scritti meglio, e, aspettando l'ispirazione, avesse deciso di tenerli lì.

Decisi a quel punto di andare a vedere se, anche nelle altre sezioni, la situazione fosse la stessa. Passai dove prima c'era il ragazzo, che doveva essere sparito mentre io mi giostravo tra libri bianchi.

Fu in quel momento che il mio cellulare si mise a squillare.

giovedì 30 agosto 2012

Il Cavaliere Oscuro - Il Ritorno: La Recensione

Il meraviglioserrimo Little League, di Yale Stewart. Qui le altre strisce.

Preludio: guida alla lettura estemporanea

Citando un altro (ottimo) film di Nolan, "Un'idea. Resistente, altamente contagiosa. Una volta che un'idea si è impossessata del cervello è quasi impossibile sradicarla. Un'idea pienamente formata, pienamente compresa si avvinghia, qui da qualche parte."

Questa reviù più o meno estesa parte più da alcune idee radicatesi alla fine della visione della trilogia, nonché dell'ennesimo film Nolaniano e, per il bene del fegato degli eventuali lettori, sarà il più possibile spoiler-free. Non garantisco sui film precedenti della trilogia, ma in questo caso la responsabilità è del lettore che si è perso alcuni tra i più bei film di-supereroi-ma-non-di-supereroi degli ultimi anni.

Atto 1: I Nolan ne sanno di cinema. E di illusionismo.

In tutti i loro film il loro motto sembra sia "Sorprendi lo spettatore": per tutto il film siamo portati a pensare che le cose vadano in una certa maniera, disseminando indizi e prove. Ma, poi, c'è immancabile il ribaltamento di tutte le convinzioni maturate fino a quel momento, con tanto di amorevole sberleffo nello spettatore che pensava di "aver già capito tutto", in quanto Christopher-regista-e-sceneggiatore e Johnathan-sceneggiatore avevano anche mostrato dei particolari per quest'altra via. Solo che li avevano fatti passare per curiosità a margine della trama principale, dettagli di poco conto. Anche qui, sebbene la conoscenza del materiale di partenza (vedi alla voce "fumetti. tanti, tanti fumetti") possa minare alla base questo concetto, il motto rimane più che valido.

Atto 2: L'evoluzione del pipistrello e il casting dei "cattivi" (ovvero, "Io credo nei Nolan Bros.", parte 1)

I momenti di panico-paura - non solo miei - agli albori del film erano dovuti in parte alla scelta del villain principale. Bane non è un cattivo semplice da gestire già nei fumetti, figuriamoci in una mega produzione hollywoodiana dove tutti - casa cinematografica, fan del film, fan del fumetto, fan di Batman - sono pronti con forconi e torce in attesa del passo falso. Passo falso di cui abbiamo una diapositiva:

Ciao, sono uno dei bat-cattivi più significativi della bat-storia di Batman. Davvero.


Tuttavia, una volta riaccese le luci in sala, la scelta non solo si rivela assolutamente sensata, ma anche eseguita impeccabilmente, nonostante il doppiaggio italiano (vd. più sotto). Anzi, è la conclusione ideale del bat-percorso del Nolanverso: nel primo film la figura dell'antagonista era basato su "chi è" Batman, in quanto neo-eroe che deve affermarsi e trovare la sua "identità"; nel secondo, l'antagonista è incentrato sull'opposizione a ciò che Batman rappresenta pienamente (non per nulla, Joker dichiara in più occasioni di essere "un agente del caos", in netto contrasto con l' "ordine" rappresentato da Batman); in questo - che peraltro è estremamente politico, checché Nolan smentisca - l'antagonista è una visione distorta ed esasperata di ciò che Batman rappresenta(va), come a colmare il vuoto lasciato.

Atto 3: cat-fight! (ovvero, "Io credo nei Nolan Bros.", parte 2)

Un altro momento di panico-paura agli albori della lavorazione era rappresentato dalla scelta di casting per interpretare Selina Kyle, alias Catwoman: Anne Hathaway e i suoi dolci occhioni da fidanzatina che non vedi l'ora di presentare ai tuoi.

E il suo bel sorrisone. Che fa pendant con gli occhioni.
Nulla in contrario, ma, dopo varie interpretazioni del personaggio, Selina Kyle uno è abituato ad immaginarsela così



Halle Berry chi?
Quindi in sostanza la scelta di Annina non sembrava quella più adatta per il personaggio, non solo per il fisique du role, ma anche per far risultare credibili le battute scritte per lei. E invece. Non solo il personaggio viene sviluppato in modo interessante, ma, anzi, alla fine quelle che sembravano le sue "debolezze" sulla carta vengono sfruttate in funzione del personaggio. Per intenderci, non è la Miao-chelle Pfeiffer aggressiva di Burton, semplicemente perché non ne ha bisogno, sa tenere la scena e gigioneggiare come Julie Newmar, e tirare mazzate in modo convincente come quella "originale" dei fumetti.

Atto 4: la maledizione delle trilogie

Esclusi alcuni titoli (Ritorno al Futuro, Indiana Jones, ...) di solito il terzo film di una saga è soggetto ad una sorta di "maledizione", detta anche del "e mò che cavolo mostriamo?": generalmente nel primo vengono presentati i personaggi, nel secondo lo schema del primo film viene ripetuto ed esagerato q.b. ...e nel terzo? Come conciliare un commiato dal tuo pubblico con una storia che suoni anzitutto solida, non pretestuosa e "giusta", ossia che non faccia sentire il bisogno di un altro capitolo, magari stanco, probabilmente raffazzonato, che svuoti quanto quella saga significhi per te?

E' lei, professor Jones?


Ora, riportate i dubbi di cui sopra al caso specifico, dopo un ottimo bat-rilancio quale è Batman Begins, e dopo uno dei film più belli in assoluto (e lo ribadisco, nel caso qualche miscredente lo classifichi come "film di gente in costume": uno. dei. film. più. belli. in. assoluto.) quale è Il Cavaliere Oscuro: trama solida eT intricata, degna di un noir; suspense sempre alta (credo di aver chiuso le palpebre solo 4-5 volte in tutto il film); ottimo cast; etc.

Ricordo che, in risposta a dubbi su film di Nolan, la risposta è "Io credo nei Nolan Bros."

Questo film, il terzo, è per me leggermente superiore al Cavaliere Oscuro.

L'ho detto.

Lo supera perché ha il coraggio che altri terzi atti non hanno: quello di osare. Vuoi perché è quello conclusivo, Nolan non teme di mostrare ed usare scelte narrative "dure", di usarle a suo vantaggio (e a svantaggio dei "buoni") correndo il rischio di attirarsi parte della folla inferocita di cui sopra dopo pochi fotogrammi. Il tutto per trasmettere una sensazione da "tutto può accadere". E, tu spettatore, grazie anche al modo in cui è raccontata la storia, ci credi: perché - altro tema ricorrente dei Nolan - il tutto è reso nel modo più realistico e credibile possibile. Se nei loro film viene richiesto il "salto di fede", questo è sempre accompagnato da una spiegazione più o meno razionale, o scientifica.

Lo supera perché nonostante rasenti alcuni potenziali cliché, mette la freccia a destra e li supera senza troppi problemi. Lasciandoti un senso di stupore misto a soddisfazione. E al tutto aggiunge la libertà allo spettatore di interpretare, secondo il suo sentire il film, i temi trattati.

Ghost Track: ma i doppiatori, quanto prendevano in geografia?

Ora, prima di sentirmi l'effetto Mollica addosso (per il quale anche un cinepanettone è un buon prodotto di cinema. E questo PRIMA che la stampa si rimangiasse anni di crociate contro un genere inutile e mostrasse motivazioni sociologiche sul successo di quei film, ma non divaghiamo), va detta una cosa, sacrosanta, e non inerente solo a questo film.

La scuola italiana di doppiaggio, nata sotto Mussolini (se ben ricordo sì, grazie Wikipedia), è sempre stata un fiore all'occhiello. L'adattamento dei testi (vedi alla voce "le canzoni dei vecchi film Disney"), le voci così diverse eppure così riconoscibili (vedi alla voce "Ferruccio Amendola"), tutta questa tradizione viene, da anni, in ogni settore artistico (videoludo compreso, dove in pratica tutti i personaggi vengono ormai doppiati da badanti ucraini/e) ripetutamente presa, gettata nel fango e tenuta a testa in giù per troppo tempo.

Come si spiegherebbe altrimenti un personaggio che dovrebbe essere russo, parlare con una specie di accento brasiliano/genovese? E Bane stesso risultare come un Darth Vader sotto anfetamine? E sì che c'erano state polemiche anche sulla voce originale, ma, una volta sentita quella doppiata, pensi che in fondo non sei così snob nell'usufruire di prodotti americo-inglesi in lingua originale.

Atto Bonus: e il futuro?

Non si sanno quali saranno i piani per il bat-franchise. Si parla di un reboot - scelta sensata - subito dopo un film sulla Justice League (con persone, visto che animati e ottimi ce ne sono già) - scelta coraggiosa - in una sorta di "Progetto Vendicatori" ma al rovescio.

"Perché dovremmo aver bisogno di un grido di battaglia?"


Una cosa è certa: spero la Warner abbia ben chiaro che non c'è altro da aggiungere a questi tre film.
A parte, forse, questo.

sabato 14 aprile 2012

Tre remake fantascienzi che NON s'han da fare

Da un pò di tempo a questa parte, Hollywood è a corto di idee. O, per meglio dire, ha meno voglia di rischiare (il gombloddo delle banche pluto giudaico massoniche, sicuramente), preferendo riproporre vecchi franchise di successo: qualche anno fa c'è stata l'epopea dei remake/reboot degli horror degli anni 80, con i loro "cattivi" divenuti leggenda...

Lo Zio Freddie

...re-interpretati da attori che sono già leggenda...


...e altri che già in origine erano "meh"...

"Salve, sono qui per tagliare la fornitura di gas."

...e lo sono rimasti.

Ora, questo può avere senso -almeno razionalmente- alla luce di notevoli innovazioni nel campo degli effetti speciali. Ma se il tutto si riduce ad una fotografia più pulita (senza raggiungere comunque le vette di un Nolan di questi) o al 3D (di cui è già stato ampiamente dibattuto qui eoni fa), il tutto suona come un indifendibile "mungere gli odierni 30-40 enni sull'onda dei ricordi, e i gggiovani che si sparano pose da conoscitori del cinema di quegli anni".

Superato il genere horror, si diceva, ora è la volta della fantascienza. MA (e qui si inizia ad aver paura), il tutto segue alcuni template prefissati che, almeno in teoria, fanno capo al cinema di successo degli ultimi anni: "più dark", "più realistico", "più umano".

Vedremo di seguito tre remake, di cui uno in uscita, altri 2 in lavorazione. Partiamo dal meno peggio, che guarda caso, è anche l'unico in uscita.



QUELLO sguardo. Il film è BELLO già dalla locandina.


Atto di Forza - Total Recall (Paul Verhoeven, 1990)

Se qualcuno non avesse visto il film con Governator, è pregato di interrompere qui la lettura. Non per spoiler o altro, ma perché chi non ha visto non può capire quanto segue.

Per chi lo ha già (ri)visto, il succo è questo: ha senso barattare le INTENSE espressioni di Governator, gli effetti speciali che oggi verrebbero definiti "camp" ma onestamente molto meglio di certa CGI venuta anni dopo (senza scomodare Spawn, basta anche solo Scontro tra Titani di qualche anno fa...roba che Ray Harryhausen sta ancora ridendo), e scene iconiche* come questa, in cambio della modernità, consistente in: maggiore pulizia, maggiore realismo degli ambienti e "maggiore fedeltà al romanzo" (?!). La risposta non può che essere un "No, grazie. Magari è anche ben fatto, eh, ma non si scherza con i sentimenti".

(* la prostituta tri-popputa c'è ancora. Hanno fatto una dichiarazione APPOSTA per rassicurare i fan. Sono soddisfazioni.)

NB. Se ne parlava anche qui e qui




"Serve the public trust. Protect the innocent. Uphold the law."


RoboCop (Paul Verhoeven, 1987)

E ora iniziamo con le note dolenti...

Poteva essere interessante riprendere un nome che grazie ai sequel (il 2 si salva in quanto VIOLENTO, cosa da dire sempre; il 3, mettiamola così, è in pratica lo scarto del 2*) è stato sputtanato come non si poteva. Pochi cazzi: nel momento stesso in cui il regista ti viene a dire che il suo RoboCop sarà PIU' UMANO, facendo tutto un panegirico su una scena che già andava benissimo così com'era, capisci che non ce n'è. Non ce ne potrà mai essere. Come vedere una che magari ti piace masticare svogliatamente una gomma con la bocca perennemente aperta (true story). Il rumore di vetri infranti che segue è assolutamente naturale.

(* RoboCop 2 -che è VIOLENTO- e RoboCop 3 per il buon Frank Miller erano un'unica immensa sceneggiatura. Che poi i produttori hanno deciso di tagliuzzare e fare due film separati in quanto "impossibile da filmare". La versione integrale concepita da Frank Miller è su fumetto, ed è VIOLENTA quanto il 2)

Ho già detto che è VIOLENTA? No, per ribadire il concetto.

NB. Una cosa finora non emersa, ma che è assolutamente fondamentale, è che poi Verhoeven rimane un GENIO quando si tratta di fare satira sociale.



And now, the last but not the least but the last (cit.)...


Corto Circuito (John Badham, 1985)

Per chi ha avuto il coraggio di arrivare fin qui, bravi. Avete la mia stima.

Il film originale, da quel che ricordi oltre alla locandina sulla VHS ritagliata dal TV Sorrisi e Canzoni, era un bel racconto in salsa sci-fi. Potresti quasi dire una specie di RoboCop "per bambini". Che, infatti, ha prodotto un sequel ancora più "per criaturi", ma che ricordi comunque piacevolmente.


Giuri.

Ordunque, arriva la notizia di questo remake, come un fulmine a ciel sereno. E la notizia ti ha lasciato per svariati minuti -nei quali hai riletto l'articolo senza crederci- così più o meno

Rigiuri.

Poi, qualche settimana dopo, hai letto QUESTA dichiarazione del regista, Tim Hill (autore di pregevoli pellicole che lo candidano a pieno titolo a dirigere questo remake quali Alvin Superstar e Hop. Sì, non è un errore, ha proprio diretto Alvin Superstar e Hop):
"Sono tentato di rifarmi al passato e prendere direttamente l'originale. Ma penso che debba essere più vicino a quelle che sono le moderne concezioni in materia di design. Ci sono programmi informatici e laboratori che si preoccupano di dare vita a macchine come queste... Si tratta di riuscire a trovare il giusto bilanciamento fra il lato minaccioso e quello rassicurante. Il vecchio Johnny 5 era carino, ma nessuno era spaventato da lui."


La tua reazione. E presumibilmente quella di chiunque altro.

...e hai compreso che è tutto finito. Che la tua infanzia cinefila sta perdendo un altro pezzo, inghiottito dal Nulla che avanza (cit.) incessantemente.

Che hanno DAVVERO intenzione di rovinare quelli che sono i primi ricordi cinefili non solo tuoi, ma di una intera generazione.


L'orrore. L'ORRORE!

martedì 10 aprile 2012

Capita



Capita che ti ritrovi appoggiato al vetro della finestra, senza un motivo apparente. Come a voler vedere fuori che si dice, se il mondo per come lo conosci c'è ancora. "C'è, che tu lo voglia o meno". Appoggi prima un dito, poi l'altro, poi pian piano tutto il palmo della mano al vetro, come a volerti sincerare del fatto che ci sia "qualcosa" a separarti da fuori: lì il resto del mondo, l'altro da te; qui tu, con i tuoi pensieri, i tuoi pregi e i tuoi difetti. In mezzo, il freddo del vetro, immobile, silenzioso, a ricordarti la sua presenza.

Più tieni le dita appoggiate al vetro, più inizi a sentire il calore provenire da fuori, i raggi del sole che pian piano riscaldano le tue dita. "O forse è il contrario" subito ti rispondi, "scambio di calore tra corpi di diversa temperatura". E poi, quel calore inizia ad irradiarsi, vitale: dapprima alle gambe, poi ai piedi, e poi di nuovo alle gambe, come un formicolìo. Sembra quasi di sentire i vasi sanguigni dilatarsi, il sangue scorrere più fluidamente, in modo simile al dischiudersi dei fiori. "E' una sensazione piacevole" - senti tra le sinapsi - "ma non è quello che cerchiamo".

Ti accorgi che gli occhi iniziano a farti male. Non riescono a star dietro alla luce, non sono abituati. "Ancora un pò". Strizzi le pupille, dapprima impercettibilmente, poi sempre più intensamente, fino a che gli occhi non sembrano solo due tratti neri. La luce raggiunge la faccia, ora sei completamente irradiato.

Le sinapsi sono mute.